La Via Francigena in Toscana

Nel Medioevo la via Francigena o Romea, rappresentava il principale percorso di pellegrinaggio religioso verso le città sante della cristianità Roma e Gerusalemme.
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Nel Medioevo la via Francigena o Romea, rappresentava il principale percorso di pellegrinaggio religioso verso le città sante della cristianità Roma e Gerusalemme. I pellegrini potevano sostare a Roma sulle tombe dei santi Pietro e Paolo oppure proseguire lungo il tracciato dell’antica Appia trainea fino ai porti pugliesi, dove era possibile imbarcarsi e raggiungere Gerusalemme. A nord, superate le Alpi, la Francigena si raccordava alla via Tolosana che conduceva a Santiago di Compostella, dove la reliquia di S. Giacomo Apostolo costituiva un forte richiamo per i pellegrini di tutta Europa.Vicino ai semplici pellegrini penitenti transitarono su questa importante arteria medievale, re, papi e principi.

Anche i Crociati dell’XI secolo seguirono questa direttrice per la riconquista del Santo Sepolcro di Cristo. La strada Francigena, fu inoltre il canale privilegiato per scambi sia culturali che commerciali. I mercanti la percorsero per raggiungere le sedi delle principali fiere come quelle della Champagne e delle Fiandre ove erano molto ricercate anche le preziose sete lucchesi. Lungo il tracciato della Francigena si formarono borghi, castelli, monasteri e soprattutto ospedali o ospizi destinati all’assistenza del viandante.
La Toscana è senz’altro una delle regioni italiane più favorite dall’attraversamento di questa importante arteria viaria tanto da conservarne ancora oggi evidenti tracce nelle numerose testimonianze architettoniche in stile romanico e nell’integrità paesaggistica di gran parte del territorio interessato.

La Via Francigena ufficiale

La Via Francigena è un insieme di strade e sentieri che sin dalle più lontane epoche è stata percorsa dai pellegrini per raggiungere Roma. Proveniente dai territori francesi, dei quali si riconosce il nome, oggi identifica ufficialmente il percorso da Canterbury a Roma secondo le testimonianze lasciate dal vescovo Sigerico nell’anno 980. Il tratto toscano, di 394 chilometri, parte dal Passo della Cisa ed entra nel Lazio a Ponte a Rigo, attraversando territori di particolare bellezza e città importanti, alcune delle quali sono nate e si sono sviluppate per merito di questa Via.

Le sue varianti e collegamenti locali

La Via Francigena è un percorso che utilizza ,della viabilità attuale, sia strade asfaltate, che carrarecce e sentieri. Alcune delle strade scelte sono pericolose per il traffico veicolare, e costringono chi cammina a concentrare l’attenzione alla strada perdendo il contatto con la natura che lo circonda. Per questo motivo si stanno individuando delle varianti locali utilizzando sentieri, mulattiere o strade asfaltate secondarie anche se ciò implica un allungamento del percorso, sarà poi il pellegrino a scegliere la soluzione preferita. Per percorrere le varianti è necessario scaricare le mappe relative o i tracciati GPS, poiché non sono ancora stati segnalati sul terreno. I collegamenti permettono di raggiungere dalla Francigena punti notevoli, come chiese o ospitali.

Le Romee che attraversano la Toscana

La Toscana era attraversata nell’antichità da una rete di vie percorse da pellegrini, eserciti e commercianti. Si è voluto ricercare alcune di queste vie ed evidenziarle con l’intenzione di trovare dei collegamenti con la via Francigena ufficiale.
In particolare l’interesse è quello di individuare altre altre vie romee che provenivano da altri paesi europei, come ad esempio la Via Bibulca.

La Credenziale

La credenziale è il documento del pellegrino. Con questa carta si può vedere registrato un progetto, un punto di partenza, una meta di arrivo, i passaggi nei paesi con i timbri che si possono registrare nei posti di accoglienza o nei comuni o nelle chiese.
La documentazione che vi si registra serve anche per ottenere, qualora lo si desideri, il documento che testimonia il pellegrinaggio avvenuto; a Santiago si chiama Compostela e a Roma Testinonium.

E’ necessario precisare che la figura del pellegrino non si riconosce esclusivamente in coloro che percorrono tanta strada guidati dalla devozione e dal desiderio di raggiungere il santuario così importante per la loro fede; si può essere pellegrini in molti modi e questo è facile notarlo frequentando le strade di pellegrinaggio.
Il motivo per cui, religione a parte, il pellegrinaggio diventa un fatto si può dire sacro per tutti è semplice e al tempo stesso misterioso.

Alcune località della Toscana attraversate dal percorso Ufficiale

Berceto

Il pellegrino che vuole andare a Roma, volendo privilegiare la Toscana, può prendere come tappa di partenza Berceto. Facilmente raggiungibile con il treno, sulla linea Parma-Genova, può consentire di arrivare al mattino del giorno stesso dell’inizio del viaggio; altrimenti arrivando alla sera potrà chiedere accoglienza al convento dei Padri Cappuccini, che di pellegrini ne ha visti tanti e che certamente continuerà ancora ad ospitare.
Infatti, come racconta facilmente il cartello ‘Punto Tappa’ che si trova di fronte all’Ufficio Turistico, questo è uno dei luoghi registrati e menzionati in molti famosi pellegrinaggi, il primo dei quali, non certo in ordine di tempo, per quanto antico, quello del vescovo di Canterbury, il famoso Sigerico. Questi che, come successore nella sede di Londra ad Edelgardo, si recò a Roma per ricevere il ‘pallio’ dal papa, ebbe la cura di raccontare il suo viaggio di ritorno e di lasciare quindi come un itinerario indicato. Il ” pallio “, era la bianca stola riservata ai Pontefici e ai Vescovi metropoliti, che conferiva l’autorità sugli altri Vescovi inglesi..

Oggi molte ricerche sono state fatte per appurare da dove veramente sia passato questo vescovo, e ne sono risultate opinioni diverse nonostante le testimonianze siano chiare, ma poiché una strada è sacra non solo perché è stata percorsa da un vescovo, che prima e dopo di lui soldati, commercianti e briganti l’hanno pure spianata con buone e cattive opere, noi tracceremo un percorso che ai giorni d’oggi possa risultare il migliore per raggiungere Roma, e fare il nostro pellegrinaggio prendendo come sacra per prima cosa la nostra intenzione e per secondo il desiderio di ammirare e poi conoscere e approfondire la storia di questi luoghi: il territorio toscano è talmente ricco di documenti e di bellezze da meritare di percorrerla e non solo da pellegrino.
Partendo da Berceto il pellegrino si troverà alla Cattedrale, dove potrà timbrare la sua credenziale, e nella visita a questo bellissimo duomo può avvalersi anche di un’altra forma di investitura: sul portale laterale due cariatidi del 1198 rappresentano i Santi Pietro e Paolo e in quelle si può riconoscere l’indicazione e l’invito al pellegrinaggio. Inizio perfetto, dunque!

Ma, guardando bene, si può trovare un altro simbolo importante: una cariatide nel Portale del Duomo, una scultura pre-antelemica, attribuita al secolo dodicesimo, raffigura ‘La Fatica ‘; il pellegrino la potrà guardare per trarne la forza e l’incoraggiamento che gli saranno necessari per i momenti di crisi che incontrerà nella sua strada, e poiché è anche molto bella, l’efficacia è assicurata.
Il pellegrinaggio inizia con facilità, il percorso è ben segnalato dalle frecce e arriva a Pontremoli, che potrebbe essere la prima tappa, senza presentare alcuna difficoltà.
A metà strada circa, il pellegrino arriva al Passo della Cisa, e come è ben indicato da un cartello dell’ANAS, il suo cammino adesso è ufficialmente nella regione Toscana.

Al passo, poco frequentato da quando l’autostrada ha sostituito questa antica via, c’è un ottimo punto di ristoro, un bar che vende anche prodotti locali, miele, biscotti, formaggio; c’è la chiesetta (00030 )in cima ad una scalinata, come è giusto sia in un punto saliente del territorio quale è quello di un confine e un paio di negozi per turisti, che a volte il pellegrino si fa turista e anche altre il turista può diventare pellegrino.
Il passaggio antico della via Romea era nelle vicinanze, in un punto a1039 m. di altitudine chiamato semplicemente Monte. Questo valico naturale è quello che nel medioevo è stato maggiormente frequentato per entrare in Toscana ed ha continuato ad esserlo per molti secolo, essendo un transito relativamente agevole non solo a piedi ma anche per gli animali da sella e da soma.
Superato il passo la strada giunge a Montelungo Mons Langobardorum località antichissima, luogo certo di accoglienza di pellegrini dato che al tempo vi era un monastero dedicato a San Benedetto direttamente dipendente dalla Abbazia di Bobbio, altro luogo di accoglienza che il pellegrino potrebbe aver trovato se il suo pellegrinaggio fosse cominciato più a nord.

Forse questo è il monastero di cui si parla in Cronache Anglosassoni “Hoc Tempore ( 596 ) monasterium Benedicti a Longobardis destructum est “.
Fra il 900 e il 904, il vescovo di Canterbury, Sigerico, dopo il suo viaggio a Roma lascia notizia dei luoghi dove fa sosta. Questa è la sua trentaduesima tappa: Sce Benedicte XXXII
Dopo di lui, circa l’anno 1154 un altro prelato in pellegrinaggio a Roma proveniente dall’Islanda, l’abate Nikulas di Munkathvera ha attraversato il Monte Bardone e lo segnala come ‘Mumbard‘.

Verso la Francia, Filippo Augusto nell’anno 1191 ritornando dalla terza crociata e passando per ‘Punt-Tremble et per Munt-Bardum ‘precisa che ‘ibi deficit Tuscana et incipit Italia’.
E molti altri prima e dopo di loro, lasciando testimonianze e non, hanno mantenuto questa strada viva arricchendola di storia e di tradizioni che faranno compagnia al pellegrino più solitario.
Il fiume Magra segna la strada e accompagna il pellegrino fino alla sua foce presso Santo Stefano.

Pontremoli

Tranquilla cittadina al centro della Lunigiana, sensibile e attiva alla vita culturale attuale e alla sua tradizione di luogo di passaggio della via francigena , è infatti la Puntremel XXXI di Sigerico.
E’situata sulla linea ferroviaria Parma – Genova, e la stazione si trova nelle strette vicinanze del centro storico. Si ritiene che il nome suo derivi da un antico ponte di legno ‘Pons Tremulus’ che per quanto traballanteconsentiva di passare il fiume. Ricca di storia da quando fu eretta da re Enzo di Svezia nel 1247, Pontremoli ha saputo proteggere la sua posizione strategica con un sistema di difesa basato sullo sfruttamento delle barriere naturali, e della confluenza dei corsi d’acqua, il fiume Verde e il Magra, e di una studiata forma di sbarramenti. La sua struttura allungata parte da Porta a Parma, attraversa le due piazze centrali separate dalla Torre del Campanone punto in cui nel 1322 Castruccio Castracani fece funzionare lo sbarramento per mantenere divisa nella città e impedire gli scontri fra le due fazioni di Guelfi e Ghibellini.

Si racconta di un altro sistema di difesa un po’ particolare ma di sicuro effetto per quei soggetti sensibili a queste esigenze: in una iscrizione su una campana nella Chiesa di San Francesco, fusa da un certo Ilario nel 1313, si afferma che i suoi rintocchi hanno il potere di scacciare gli spiriti maligni. In quei tempi questi accorgimenti erano sempre molto apprezzati.
Sempre in Lunigiana, un’altra campana, un’altra chiesa, San Cristoforo ha una iscrizione “MCCCIII , ne mentes ledant, fantasmata cuncta recedano”, e anche l’idea di scacciare i fantasmi in una valle piuttosto solitaria aveva il suo buon effetto rassicurante.

Si chiama Cresa il più antico dei ponti di Pontremoli, fatto a schiena d’asino come tanti ponti che certamente il pellegrino ha già incontrato non solo in Italia, ed è sul fiume Verde nella parte alta della città;mentre il ponte Stemma o Busticca si trova in basso in prossimità dell’incontro con il fiume Magra.
Nella Rocca- museo, Castello del Piagnaro, sono raccolte lastre di pietra o stele funerarie con scolpite sembianze umane stilizzate, forse figure di guerrieri celtici che sono state trovate in diversi luoghi della Lunigiana: interessanti reperti di storia ancor più antica di quella del pellegrinaggio.
La salita al castello è ben compensata anche da un bellissimo panorama, inoltre poco più avanti dell’ingresso si può incontrare la chiesetta di Sant’Ilario la cui facciata è del secolo scorso, ma la sua zona presbiteriale presenta un abside semicircolare che rivela un’altra eleganza e altre origini, forse il luogo di accoglienza per i pellegrini. Da quel punto infatti, parte verso il nord un altro sentiero, un altro dei tanti rami della via francigena forse anche più antico di quello percorso dal pellegrino, e collega il paese a Borgo Taro.

Di impianto medioevale del quale è rimasto molto poco è il convento di San Francesco che la tradizione vuole sia stato costruito dopo il passaggio del Santo nel 1219.
Vicino alla porta a Parma c’è la chiesa romanica di San Giorgio le cui origini vanno fatte risalire al X secolo. Ricordiamo ancora la chiesa di San Giacomo di Altopascio, ora sede di una scuola, che fu costruita nel 1508 sul luogo dove sorgeva un antico ospedale, anche il suo nome ne sembra testimonianza.
E’ stato scritto che il Barbarossa mostrava al figlio la città di Pontremoli come la chiave dell’entrata in Toscana.
Nel suo passaggio se il pellegrino avesse la fortuna di arrivare nel giorno di precetto, nella chiesa di San Pietro, aperta per la funzione religiosa, potrebbe ammirare in un bellissimo bassorilievo la rappresentazione del ‘labirinto’, diffuso simbolo, presente sulle strade di pellegrinaggio che vuole indicare tutto ciò che può nascondere o indicare un labirinto, forse anche la difficile ricerca di un percorso sia fisico che spirituale.

Pieve di Sorano

La Pieve di Sorano, nel comune di Filattiera, il pellegrino la incontra sul suo percorso, poco dopo aver lasciato Pontremoli, nel fondovalle, sulla sponda sinistra del fiume Magra; ma la può raggiungere facilmente anche il visitatore-turista che la ritrova sulla statale 62 della Cisa al Km 30 o fermandosi alla stazione ferroviaria di Filattiera, della linea Parma – La Spezia.
La chiesa è stata restaurata di recente salvaguardando così un luogo testimone di lunga e preziosa storia della quale sono stati trovati reperti importanti in tutta la zona circostante. Il territorio risulta che fosse già popolato all’età del rame, e conserva resti romani del terzo secolo dopo Cristo; come tutto il territorio di Luni di cui fa parte la sua vita passa periodi e vicende di alterna fortuna.

Si suppone che la costruzione primitiva della chiesa sia avvenuta in tempi di relativa tranquillità e sicurezza quando il territorio lunense era sotto il dominio bizantino. Fu intitolata a Santo Stefano, primo martire cristiano, ma il preesistente edificio su cui è stata posta era di culto pagano.

La prima notizia della ‘ plebs de Sorano’” si trova in una bolla con data 11 novembre 1148 nella quale viene rinnovato il possesso della pieve al vescovo di Luni. A quella data la chiesa era già con l’attuale struttura sia nell’aspetto che nelle dimensioni, ma più volte, nel trascorrere dei secoli rischiò la totale distruzione. Un’ancora di salvezza possiamo dire che fu nel cimitero attiguo per il quale la struttura continuò ad essere utilizzata; le famiglie più importanti della zona crearono delle cappelle private all’interno della chiesa stessa e prendendosene cura contribuirono a salvarla dall’abbandono totale.

A restauri ultimati Don Antonio, parroco di Filattiera ha voluto verificare la veridicità del un racconto popolare che dice che la pieve ha gli occhi storti: infatti nei giorni di solstizio e di equinozio la luce del sole entra rispettivamente a dicembre dalla monofora di destra, a marzo da quella centrale e a giugno da quella di sinistra. I suoi costruttori vollero strutturarla in modo che potesse dare alla popolazione il segnale del passaggio delle stagioni, calcolando così anche le date liturgiche come la Pasqua che da quelle vengono stabilite. Queste particolari progettazioni sono frequenti nelle antiche costruzioni, il pellegrino sul Cammino di Santiago che ha fatto tappa a S. Juan De Ortega ha già sentito una storia simile e sarà contento di ascoltare anche questa.

Filattiera

Al km 31 della statale della Cisa si trova questo paese, che ha il suo nucleo più antico nella zona più elevata: lì una torre rotonda testimonia il passato bizantino e l’origine del suo nome.
Nella chiesa, S. Maria in Filattiera, è conservato un battistero in marmo bianco, opera realizzata nel 1605, con un bellissimo basamento che riporta sculture e il giglio fiorentino; proviene dalla Pieve di Sorano che in quel periodo era quasi totalmente abbandonata, per cui la cura parrochialis cercò di raccogliere gli arredi che si erano salvati e di portarli entro le mura.
Della stessa provenienza è una statua in marmo bianco alta più di un metro di un S. Giacomo.
Molto più importante invece per quanto riguarda la testimonianza del passaggio dei pellegrini in questa zona è una lapide conservata nella chiesa di San Giorgio. L’iscrizione ricorda un certo Leodgar morto nel 752, un missionario che oltre ad aver creato un posto di l’accoglienza e l’assistenza ai pellegrini ebbe il merito di aver convertito al cristianesimo molti abitanti della valle ’spezzando gli idoli pagani ‘. Ma un altro testimone a ricordarci il mondo dei pellegrini è un piccolo bassorilievo di San Giacomo che incontriamo attraversando il paese sopra la porta di una casa che è stata a suo tempo un ospitale poi un asilo e adesso è una casa privata. Il proprietario ne ha grande rispetto e cura.
Il paese ha anche una sua antica e particolare tradizione che si svolge ogni anno per la festa di San Antonio: un grande falò viene acceso nella piazza e gli abitanti si cimentano nel portarsi via un tizzone, che sarà la loro protezione da tutti i malanni.

Filetto

Il pellegrino che entra qui anche senza chiudere gli occhi si può sentire trasportato in quel tempo lontano quando questo borgo fortificato(00080) di fondovalle era nella sua piena attività. Si guarda intorno e potrebbe credere di essere entrato in un film; manca la musica di fondo ma lui ormai è abituato al silenzio. Questo è uno di quei borghi murati nati in ragione alla lotta fra l’esercito bizantino ed i longobardi che nel periodo dei secoli VI e VII invasero la Lunigiana e ne ha mantenuto tutto l’aspetto. Nella grande piazza dove il pellegrino trova una fontana (incontro oggi sempre più raro).

si può individuare la matrice del borgo, un quadrilatero a misura di sessanta metri con un’ unica possibilità di accesso. Nel medioevo, dal lato di ponente si ebbe una espansione successiva, pur mantenendo il disegno del quadrilatero e si formarono quelle strette vie interne, caratteristiche dei centri storici lunigianesi, i cosiddetti borghi voltati. Nel secolo XVI si ampliarono le mura anche verso oriente e vennero erette due monumentali porte. Una ristrutturazione definitiva avvenne alle fine di quel secolo con i nuovi proprietari, i Marchesi Ariberti di Cremona che costruirono il loro palazzo e il convento dei frati ospitaleri di San Giovanni di Dio.
Ogni anno in agosto viene fatta una rievocazione medievale con figuranti in costume e con le botteghe e i banchi all’aperto che mostrano le antiche attività artigianali, sicuramente in questa cornice l’effetto deve essere molto suggestivo.

Villafranca di Lunigiana

Villafranca Lunigiana è un borgo medioevale sorto sul tracciato della via Romea che passava proprio dalla piazza del mercato. Restano tracce apprezzabili del tessuto edilizio originario e delle mura del castello malaspiniano di Malnido. Di questo castello, era un castrum cum curia, si conosce la presenza dal 1100 e il suo nome probabilmente deriva dalla esosa pretesa che il proprietario del castello esercitava per la richiesta del pedaggio. Il punto cardine dove si poteva fare il blocco dei passanti, fra i quali c’erano anche i pellegrini, era il ponte romano che superava il fiume Bagnone dove si incontra con il Magra. Vicino al ponte la chiesa di San Giovanni Battista oggi nasconde nella sua attuale struttura quello che era stato l’edificio trecentesco.
Ma la nascita del borgo nell’alto medioevo sembra sia dovuta al repentino aumento della popolazione richiamata da una devozione verso la pieve dedicata a San Cassiano.

Ma tutta la zona intorno a Villafranca è testimone di un passato ricco e importante come dimostrano borghi, rocche resti di castelli. Uno di questi, a Malgrate ha l’orgoglio di mostrare una torre medioevale stimata fra le più belle d’Italia. E’ stato ipotizzato che il nome della zona derivi dalla presenza di tante proprietà e signorie diverse ma tutte libere da vincoli feudali.
Certamente molto interessante sarebbe la visita al Museo Etnografico della Lunigiana, e anche interessanti oltre che belle si possono ammirare nella Chiesa di San Francesco le grandi opere in terracotta di scuola robbiana. Ricordiamo anche la chiesa di San Nicolò, con vicino l’ospedale di S. Antonio Abate e il bellissimo campanile.

Al pellegrino ora si presenta, ma in questo caso dovrebbe guadare il Magra, una alternativa che ha una rilevanza storica: potrebbe prendere la strada che porta alla Chiesaccia, dove nel IX secolo esisteva un ospizio annesso alla chiesa di Santa Maria di Arbaritulo, luogo citato d’abate Nikulas.
Proseguendo per quel lato, in prossimità di Fornoli, si trovava S.Maria di Groppofosco con cappella e hospitale, altro luogo di sosta e assistenza per pellegrini e viandanti vicino al guado che traghettava sulla sponda destra del fiume.

Lusuolo

Attraversando il ponte Romano si arriva a questo castello, uno dei tanti dei Malaspina nella Lunigiana, su un modesto rilievo, a picco sul fiume Magra. E’ una struttura molto importante di epoca altomedievale, nato a difesa dell’abitato e della viabilità. L’edificio fu distrutto nel XV secolo e riedificato in quello dopo. Si entra da un portone gelosamente custodito da un chiave che sembra dell’epoca e ci si trova in un cortile a forma trapezoidale con il pozzo al centro. Le strutture verticali sono realizzate in pietra macigno di fiume; tante parti attendono ancora una ristrutturazione ma è già stato preso un buon impegno per il futuro. All’interno è stato creato il Museo dell’emigrazione della gente di Toscana, visitabile con appuntamento.
Il castello ha una ottima potenzialità di sfruttamento anche per quanto riguarda la possibilità di creare una accoglienza per i pellegrini e rimaniamo fiduciosi.
A fianco del castello scorre il paese attraversando il quale il pellegrino, se è un pellegrino di lungo raggio, potrà ricordare attraversamenti analoghi di altri paesi, con le loro porte di entrata e uscita che fanno sentire chi le attraversa di essere elemento di un’unica appartenenza.

Aulla

Alla confluenza del fiume Magra con il torrente Aulella, sulla statale 63, con una importante stazione ferroviaria, è facilmente raggiungibile Aulla.
Il pellegrino la può individuare per la mole quadrata della Rocca detta ‘La Brunella ‘e a sua volta essere avvistato che fin dal secolo XVI è lì a controllare l’entrata nel paese.

Aulla è stato un territorio conteso fra i vescovi di Luni e i Malaspina
Risale al 884 la fondazione dell’Abbazia di San Caprasio, che fu voluta dal marchese Adalberto figlio del conte di Lucca. Della antica costruzione non rimane nulla, perché fu riedificata nell’XI secolo con un impianto da basilica, ma poiché anche di questa rimangono solo alcuni elementi esterni, alla chiesa che oggi possiamo visitare rimane solo l’eco delle sue preziose origini.
Questo è il luogo trentesimo, la Aguilla XXX del viaggio di Sigerico.
Poco più a sud c’è il borgo di Bibula con una particolare struttura a chiocciola e i resti di un possente castello edificati in epoca medioevale su una precedente base romanica.

Santo Stefano di Magra

Questo comune che attualmente è della provincia di La Spezia, appartenne nel passato più lontano a Luni , poi a Genova , Milano e nel diciannovesimo secolo anche a Massa- Carrara; è un centro di comunicazione importante come lo era al tempo dell’alto medioevo. Infatti già nel 981 Ottone II lo dichiarò con un diploma sede di mercato e Federico I nel 1185 più specificatamente:burgum cum mercatu, banno iustitia distictu piscationibus. Nel 1468 Santo Stefano viene riconosciuto come borgo fortificato e baluardo importante su di un guado sul fiume Magra
Su una piccola altura il pellegrino può ricordare lo stadio successivo di Sigerico, Sce Stephane XXIX ,ma guardandosi intorno troverà che tutto questo territorio è ricco di architetture storiche.
Il villaggio conserva tratti delle sue mura medioevali, e il Castello che fu dei Malaspina e dei vescovi di Luni, oggi trasformato in una scuola, speriamo così protetto dal mondo della cultura. La chiesa dedicata a Santo Stefano ha le sue fondamenta sulla pieve medioevale.
Il paese non è solo il punto di incontro dei pellegrini che provenivano dal percorso di valle e da quello di monte ma ha anche avuto presso Bocca di Magra un porto, San Maurizio, dal quale partivano via mare verso quelli che volevano raggiungere la Spagna e la Galizia.
Qui il pellegrino lascia il fiume Magra, questo fiume nato nell’Appennino Tosco Emiliano in una faggeta nel massiccio del Borgognone a 1166 metri di altezza fa parte della nostra storia.

E’ stato importante dai tempi lontani dei primi pellegrini che potevano servirsi delle acque ma altrettanto temuto e affrontato, a volte con coraggio e rischio, per il suo attraversamento; è famoso il guado presso Caprigliola che nel trecento vide annegare un notevole numero di pellegrini.
Diverso dai tipici torrenti della Liguria che hanno un corso breve e rapido, questo per la sua ampiezza scorre lento e per lungo tratto, da ciò il nome (cfr. greco macros lungo e latino macer), lungo 63 chilometri attraversa la Lunigiana fino ad raggiungere il mar ligure.
Nei secoli passati il fiume ha mutato più volte il suo corso basso, nel medioevo passava molto più vicino a Sarzana e ancor prima era la linea di demarcazione fra l’Italia e la Gallia.
Adesso il fiume è prossimo alla meta, l’estuario è vicino mentre il pellegrino continua la sua strada.

Sarzana

Ci avviciniamo al mare e la via di Monte Bardone si immette nella via Aurelia nei pressi di Sarzana. Questa bella cittadina era anticamente una pieve rurale e deve il suo sviluppo alla decadenza di Luni. Infatti nel 1204 i Vescovi di Luni dovendo allontanarsi dal loro territorio perché era diventato malsano, vi trasferirono la loro sede portandosi dietro le loro preziose reliquie e il crocifisso di Maestro Guglielmo, collocandole nella Pieve di Sant’ Andrea. Questo crocifisso dipinto su una tela e applicato su una tavola era del 1138, ed è particolarmente importante in quanto risulta essere il più antico esemplare di pittura eseguita in questo modo.
La cattedrale è stata costruita intorno al 1300. Ha una facciata rivestita di marmo bianco di stile romanico – gotico, con un campanile ornato di bifore, trifore e quadriforme, costruito più tardi e terminato nel 1432. All’interno fra le altre opere è conservata l’opera di Domenico Fiasella ‘La gloria del preziosissimo Sangue, nella cappella delle reliquie. Dietro questa tela c’è l’ampolla che, secondo la tradizione, contiene alcuni grumi di sangue di Gesù.

I vescovi provenienti da Luni ebbero un ruolo rilevante su questo territorio ed esercitarono il loro dominio per oltre un secolo; in seguito per il possesso della città nacquero molte contese, tra Pisa e Lucca, Firenze e Milano e infine Sarzana diventò della Repubblica di Genova nel 1572, e tuttora è una provincia ligure. La città conserva la cinta muraria genovese con la Porta Nuova e un fortilizio, La Cittadella, costruita su una vecchia fortezza già esistente, per volere di Lorenzo il Magnifico al suo arrivo in città nel 1487. Ma da una posizione dominante la città, fuori dal centro urbano, è la fortezza di Sarzanello, voluta invece da Castruccio Castracani nel 1322, immagine cara agli abitanti come documento di un passato grandioso.
Ma a questo punto il pellegrino può avere altri incontri. Se ha intrapreso il viaggio da solo, non disdegnerà di poter trovare un compagno di strada anche solo per condividere qualche tratto.

Dalla costa arrivano i pellegrini che percorrono la via Tolesana; i pellegrini che vengono da Santiago di Compostela, dalla devozione all’apostolo Giacomo la cui tomba è stata trovata intorno all’anno mille nel luogo dove è stata poi costruita la grande cattedrale. Non tutti i pellegrini possono soddisfare il desiderio di raggiungere tutte le mete di pellegrinaggio, pertanto questi incontri sono di grande interesse e costituiscono una ricca fonte di informazioni sui luoghi di culto. L’incontro fra pellegrini è una delle cose più preziose di un pellegrinaggio, tante persone di cui a volte non si ricorda il nome o il volto ( oggi facciamo però molto uso delle macchine fotografiche ) hanno la capacità di entrare dentro le proprie emozioni e di rimanervi per sempre: sarà bello incontrare anche qui il pellegrino con cui unirsi nel cammino in Toscana alla volta di Roma.
Questi pellegrini provenienti da paesi diversi spesso in Toscana venivano chiamati ‘Scotti’, come se tutti fossero provenienti dalla Scozia. Fu chiamato ‘Scotto’ San Terenzo che ha dato il nome al porto ligure in queste vicinanze e anche lo furono San Bianco e San Pellegrino dei quali si racconta che arrivarono come pellegrini e vissero entrambi come eremiti trovando alloggio nel tronco di un faggio sull’Alpe di San Pellegrino.

Luni

Luni fu fondata dai Romani nel 177 avanti Cristo. Il suo territorio aveva la forma di una falce e si è fatta supposizione che il nome derivi da questa forma che evoca la luna e dalla sua dedizione alla
dea pagana. Grande importanza ha avuto a quel tempo e si racconta che dal mare si vedevano le bianche mura. Nel 642 l’occupazione da parte dei Longobardi ne provocò la prima distruzione.

Ai tempi dei nostri antichi pellegrini Luni era ancora situata sul mare; è il porto più antico della zona, prima ligure, poi romano. La città ha testimonianze di un ruolo molto importante ma oggi ne restano soltanto le rovine sulla riva sinistra del fiume Magra nel comune di Ortonovo.
Sull’antico luogo c’è il museo Archeologico che è stato inaugurato nel 1964 per poter ospitare la grande quantità di reperti ottenuti dai vari scavi. Si possono osservare i resti dei selciati, le strade principali, parte dei granai, la parte inferiore dell’anfiteatro del primo secolo e tracce del porto. Gli scavi archeologici intensificati negli ultimi anni raccontano il suo impianto castrense con decumano massimo costituito dalla via Aurelia e il cardo massimo che collegava il foro alla zona del porto. Sul foro erano i prospetti degli edifici pubblici e religiosi come il Capitolium di cui restano frammenti delle decorazioni e delle sculture di stile neoattico datato intorno al II sec a.C.
La data dell’Anfiteatro è del periodo degli Antonini. Da un tempio del II secolo a. C. abbiamo un frammento della decorazione frontonale, delle terrecotte figurate, che sono conservate al Museo Archeologico di Firenze. Del periodo medioevale è testimonianza la cripta di San Marco dell’VIII e IX sec., e il campanile e una parte dell’abside della cattedrale di San Marco.

Questa zona già abitata sin dal paleolitico fu abitata dagli etruschi ed è nel 177 a. C. che diviene colonia Romana. Nel periodo bizantino divenne sede vescovile. Nel 1058 la popolazione di Luni si trasferì a Sarzana, per la diffusione della malaria e la base navale si spostò a Porto Venere.
Qui si fermò Sigerico, Luna XXVIII, ed ai suoi tempi visitò la basilica paleocristiana del V secolo, in seguito distrutta. La testimonianza dell”abate Nikulas dice c’è una giornata di cammino per arrivare a Lucca e che è il luogo che collega con gli itinerari per Santiago di Compostela.
Filippo Augusto arrivò qui probabilmente passando per la bellissima Garfagnana, anch’essa ricca di pievi antichissime e il suo tragitto arriva alla volta di Lune maledictam civitatem episcopalem et per Sanctam Mariam de Sardina (Sarzana).

Camminando per queste strade il pellegrino si renderà conto di un altro effetto, qui anche la natura ha cercato un suo grado di santità affidandosi al bianco immacolato ed eterno che spunta dalle sue Alpi ricche di marmo. Dall’antico porto di Luni partivano le navi cariche di quel marmo che come pellegrino aveva la meta di andare a impreziosire importanti chiese e palazzi lussuosi per la gloria del potere divino e terreno.
Qui è stato e qui soggiornò a lungo un personaggio per scegliere i pezzi di marmo più belli dal Monte Altissimo che torreggia sopra Serravezza: Michelangelo rese grande omaggio alle meraviglie della natura con la meraviglia dei suoi capolavori.

Carrara

E’ la città alla quale è passato il ruolo della esportazione del marmo.
Il nome di Carrara si trova nell’atto di donazione delle terre fatta da Ottone I al vescovo di Luni nel maggio del 963; nel 1261 si eresse a libero comune e in seguito dipese da varie signorie. Si ritiene che strada per carri sia l’origine del suo nome o anche da pietra o ancora da cave. La sua posizione ai piedi dell’Alpe Apuane, in prossimità del torrente Carriola offre la possibilità d’escursioni alle cave di Ravacchione e Fantiscritti, il pellegrino potrebbe essere interessato a sapere qualcosa di più del marmo, della sua estrazione e dei metodi di lavorazione. Nel 1982 è stato creato un museo del marmo che contiene importanti reperti archeologici, e presenta le macchine specializzate alla lavorazione e la storia del territorio e delle cave.

Ci sono interessanti racconti su gli eccezionali trasporti di eccezionali volumi destinati ad altrettanti eccezionali opere.
Il Duomo della città è di stile romanico- gotico, fu iniziato nell’XI sec, ma occorsero due secoli per portarlo a termine e quindi può mostrare le diverse influenze che agirono sulla sua costruzione nel trascorrere del tempo: un misto tra lo stile romanico e il gotico pisano. Il rivestimento della facciata è caratteristico, è a bande di marmo bianche e grigie, ha un ricco rosone gotico entro una cornice quadrata a cassettoni; notevole anche il portale romanico sul fianco destro. L’interno è arricchito di importante statue di marmo.
Nelle vicinanze sempre sulla via Francigena c’è Avenza un antico borgo medioevale della cui fortezza resta la torre.

Massa

La via Francigena arriva a Massa seguendo la Via Aurelia, all’uscita del torrente Frigido nella piana lunense o versigliese.
Il racconto del viaggio di Sigerico passa da questa strada e quindi a pochi chilometri da questa città che a quel tempo era costituita solo da un piccolo insediamento contadino.

Di questo luogo esiste una citazione ancora più antica “ubi dicitur Massa prope Frigido” che segnala la sua esistenza già nell’anno 882.
Lungo il torrente Frigido si trovano segni della via consolare romana che univa Pisa a Luni.
Nel secolo X questa città appartiene al vescovo di Luni e nell’XI è feudo dei Marchesi Ottolenghi che costruiscono in posizione elevata la Rocca Castello Malaspina che tuttora continua a dominare la città.
La città di Massa oggi si sviluppa su una fascia ristretta di territorio pianeggiante che ricopre un’area di circa 94 Kmq., una bella zona incorniciata da montagne ripide e rocciose.

Viene citata nella “Tabula Peuntingeriana”, una rappresentazione redatta tra il II ed il IV secolo d.C. nella quale sono descritti gli itinerari terrestri dell’epoca.
Sulla Piazza Aranci si affaccia e ne occupa un intero lato il Palazzo ducale Cybo Malaspina il cui nucleo originario è del 1500. La parte più imponente dell’edificio venne realizzata da Carlo I ed e’ costituita dal Salone degli Svizzeri e dalla Cappella Ducale, della cui originaria ricchezza restano soltanto i soffitti affrescati da Carlo Pellegrini ed un’ancona marmorea di pregevolissima fattura che costituisce la pala d’altare.
La cattedrale è dedicata ai Santi Pietro e Francesco d’Assisi, in origine era una chiesa conventuale, ma poi Jacopo Malaspina nel XV secolo ne volle una costruzione più importante.
Con la sua bella facciata in marmo Bianco ha dal 1936 l’aspetto attuale. All’interno si trovano molte opere di pregio e nel vicino Museo Diocesiano di Arte Sacra ancora oggetti di notevole bellezza. E’ conservato anche un crocifisso che si racconta sia stato trovato al Porto di Luni e messo su un carro di buoi sia arrivato spontaneamente alla città.

Una leggenda analoga, più famosa, forse la stessa, il pellegrino la troverà nel duomo di Lucca.
Alla periferia della città si trova S. Leonardo al Frigido ed è quanto resta di un antico insediamento sorto probabilmente su una mansio romana al servizio di quelli che transitavano lungo la Via Aemilia Scauri che, oltrepassato il fiume Frigido, si dirigeva a Luni.
L’edifico in epoca medievale aprì uno spedale per ospitare i viandanti. E’ un edificio in stile romanico formato da un unico vano; il coro poggia su una struttura semicircolare che potrebbe essere il basamento della antica abside. E’ stato completamente ristrutturato nel dopoguerra; e il portale originario, opera del Beduino, è stato asportato forse nel dopoguerra ed oggi si trova al Metropolitan Museum di New.York. Di notevole interesse storico ed architettonico sono inoltre le pievi di S.Vitale a Mirteto e di S.Gimignano ad Antona altre superstiti testimonianze della religiosita’ medievale.
La devozione a San Leonardo non è molto diffusa e forse può qui rappresentare un culto portato proprio da pellegrini. La sua leggenda racconta che Leonardo nacque in Gallia sotto Atanasio, l’imperatore d’oriente che regnò dal 491 al 518. Fu al seguito di San Remigio e si dedicò alla liberazione di prigionieri e carcerati. Ebbe fama di uomo santo e pio e rifiutò gli onori vescovili che il re voleva dargli. A lui si attribuirono molti miracoli e la sua fama si diffuse in Aquitania, in Inghilterra e in Germania. Nacque il Saint Leonard de Noblat, dove morì e attorno al suo sepolcro affluirono molti pellegrini che con le loro offerte contribuirono alla formazione di una grande comunità religiosa.

Tre Santuari esistono a Massa: quello dedicato alla B.V. dei Quercioli (1835) quello della Madonna degli Uliveti (dove si conserva una statua lignea di Jacopo della Quercia) quello di Nostra Signora della Misericordia, costruito nella meta’ del ‘600, su disegno dell’architetto Raffaele Locci, di gradevole ed originale impianto. Al suo interno sono presenti opere di pregio: dall’altare di G.F. Bergamini, alle tele del Cigoli e del Fiasella, che documentano la particolare predilezione dei Cybo nei confronti di questa Chiesa.Partendo da Massa dopo pochi chilometri la vista ci presenta il paese di Montignoso , sopra il quale si trova il CASTELLO AGHINOLFI.
Dal 1998 sono iniziati i lavori per renderlo visitabile e per conservare testimonianza della sua importante storia.
Le sue prime notizie risalgono all’anno 753. Il castello era una fortificazione preziosa per tutta la popolazione per la quale rappresentava anche una possibilità di rifugio in caso di pericolo.
I discendenti di Aghinolfo rimasero in possesso della roccaforte fino al 1376, poi il castello passò alla repubblica Lucchese, che lo mantennero e conservarono come avamposto militare.

Nel 1494 fu ceduto al re di Francia Carlo VIII, e anche nelle sue successive appartenenze sembra che il castello non abbia mai sofferto una espugnazione.
Nell’ Aprile del 2001 il Castello è stato riconsegnato alla comunità locale e ai visitatori .
Per arrivare alla prossima tappa il percorso prosegue in discesa attraversando piccole frazioni di come Casone Strettoia e Pescarella, su una strada asfaltata ma con poco traffico; la zona collinare che la sovrasta è detta Metati Rossi., dopo un tratto breve sull’argine del fiume Versilia si entra in Pietrsanta, direttamente.

Pietrasanta

Si arriva in città percorrendo un breve tratto sull’argine del fiume Versilia. Porta questo nome tutta la zona compresa dal crinale delle Alpi Apuane e la linea costiera sono i confini naturali
Il crinale delle Alpi Apuane e la linea costiera sono i confini naturali di una zona che venne denominata Versilia. Questa piccola striscia di territorio, così segnata da confini naturali è stata nel tempo il passaggio preferito per chi venendo dal nord doveva scendere lungo la costa o nella toscana interna.
Il pellegrino che arriva a Pietrasanta ( si raggiunge con facilità sia con l’autostrada che con il treno) avrà piacere di sapere quando comincia ad essere ricca di storia e di notizie questa zona.

La conquista romana della zona inizia nel terzo secolo a.C. e porta l’assetto delle grandi arterie stradali, a volte su percorsi preesistenti altre tracciate ex novo. L’asse tirrenico che nel 241 a.C. raggiunge forum Aurelii (Montaldo di Castro ), nell’anno 19 si estende fino al Portus Pisanus, e successivamente nel 170 Luni e Lucca sono collegate a Fiesole e così a Roma tramite la consolare che prenderà il nome di Via Cassia.
Il quarto secolo con la crisi dell’impero romano d’occidente fra i tanti cambiamenti cambia anche il percorso che unisce la Francia a Roma e in questa zona lascia la direzione di Pisa per preferire l’antica Cassia che attraversa Lucca. La strada assume un diverso nome a seconda del senso di percorrenza: è Francigena per chi va al nord ed è Romea per i pellegrini che, andando alla tomba del primo papa, fanno tappa al Volto Santo. I vescovi lucchesi che erano impegnati nella conversione al Cristianesimo danno molto importanza alla Via Francigena, la presidiano e fondando piccole frazioni amministrative della diocesi: le più antiche pievi documentate sono Sant’Ambrogio di Elici, Santo Stefano di Vallecchia, Santa Felicita di Valdicastello, San Lorenzo di Massaciuccoli e Santo Stefano di Pieve di Camaiore. Queste pievi sono tutte dedicate a santi martiri romani, per questo si suppone che siano state impiantate prima del 570, anno d’inizio della supremazia dei longobardi che furono invece più devoti verso i santi guerrieri, quali San Michele e San Giorgio.

Nel secolo X si afferma l’ordinamento feudale, e con questo le classi di signorie che aumentano il loro potere con lo sfruttamento dell’estrazione dei minerali di cui la zona era ricca e anche con l’intensificarsi proprio del traffico della via percorsa da pellegrini, crociati e mercanti”.
Un antico borgo a nome Sala, nucleo originario di Pietrasanta, ai piedi dei monti di Capriglia, si suppone sia stato il luogo di sosta dei famosi antichi pellegrini chiamato Kjoformunt dall’Abate Nikulas e Munt-Cheverol da Filippo Augusto.

Diventa una città con il podestà di Lucca Guiscardo da Pietrasanta nel 1255.
La perfetta geometria dell’impianto racconta che fu concepita come città ideale. I 12 borghi nascono dai numeri 3 e 4 assunti a modello di perfezione della religione cristiana, in più la via maestra forma con la piazza una grande croce e quattro croci minori sono date dalle vie laterali, all’incontro con le troncatoie, volendo rappresentare il simbolo della città cristiana per eccellenza: Gerusalemme.