Pistoia
Collocata ai piedi dell'Appennino, Pistoia presenta un gradevole mix turistico di storia, arte, folklore, monumentalità , naturalismo, gastronomia.

Fra i notissimi centri della Toscana, Pistoia mostra elementi di originale caratterizzazione e val bene una visita.
Non a caso è stata autorevolmente definita "centro d'arte minore"; laddove l'aggettivo non vuol rappresentare una diminuzione, ma significa che la città non può essere visitata e pienamente compresa nel suo specifico anche con una visita non lunga.
Cattedrale di San Zeno:
La ecclesia SS. Zenonis, Rufini et Felicis è menzionata per la prima volta in un atto notarile stilato nel settembre del 923, ma una chiesa cattedrale doveva esistere a Pistoia almeno fin dal V secolo.
E' documentato, infatti, che già in questo periodo la chiesa cittadina fosse autonoma e posta sotto la guida di un proprio vescovo. Secondo la tradizione, l'edificio altomedievale sarebbe stato intitolato a San Martino, vescovo di Tours, morto nel 397, e, successivamente, sotto la dominazione longobarda, esso venne intitolato a San Zeno, santo assai amato da questa popolazione.

Il Duomo, accanto al quale si erge il bellissimo campanile, venne comunque completamente rinnovato ai primi del XII secolo, anche se poi fu oggetto di una serie quasi ininterrotta di interventi, che si verificarono soprattutto tra Cinque e Seicento e, più recentemente, dal 1836 al 1839. Nondimeno, un restauro generale della chiesa, attuato tra il 1952 e il 1966 a cura della Soprintendenza ai Monumenti, ha riportato l'interno del monumento, per quanto possibile, all'aspetto conferitogli nel XII secolo.
In stile romanico, l'imponente edificio consta di tre navate suddivise da colonne, presbiterio rialzato e cripta sottostante. La copertura è a capriate lignee, con decorazione policroma trecentesca, nella navata centrale, mentre è costituita da volte nelle due navate minori L'antica struttura triabsidata risulta sostituita, fra il 1598 e il 1614, da un'ampia tribuna sormontata da cupola e da due cappelle laterali. La grandiosa tribuna barocca fu progettata e costruita dall'architetto pistoiese Jacopo Lafri. Gli affreschi che ne decorano le volte e le pareti sono di Domenico Cresti, detto il Passignano (1602), e di Pietro Sorri (1603), mentre i tre dipinti su tavola che completano il ciclo si devono rispettivamente a Cristofano Allori (la Resurrezione; 1610), a Gregorio Pagani (la Pentecoste; 1602/1603), a Benedetto Veli ( l'Ascensione; 1600/1603).

Chiesa di San Bartolomeo in Pantano
L'esistenza della chiesa è documentata fin dal 746. La sua fondazione deve essere fatta risalire a dopo il 726 anno in cui Gaidoaldo, archiatra dei re Desiderio e Adelchi, compra campi e case vicino al torrente Brana per poterci edificare un monastero. Oltre alla chiesa e al monastero i documenti ci informano che annesso a questi edifici si trovava anche un ospizio, e non lontano un altro monastero più antico dedicato a San Silvestro che successivamente fu unito a quello di San Bartolomeo. Nel 1159 la chiesa venne ricostruita con lo stesso orientamento ma con dimensioni maggiori rispetto alla precedente, venne suddivisa in tre navate e fu dotata dell'abside a due ordini di monofore. Essa rimaneva ancora esclusa dalla cerchia delle mura, bisogna infatti aspettare il 1240 perchè sia inglobata nelle nuove fortificazioni. In origine l'abbazia fu occupata da monaci benedettini, i quali rimasero fino al 1443 allor quando il papa Eugenio IV decise di sostituirli a causa di una loro diminuzione con quelli dell'ordine dei Canonici Regolari di Sant'Agostino della Congregazione Lateranense. Durante il periodo di permanenza di questi monaci la chiesa subì, nel XVII secolo, vari interventi di trasformazione che consistettero nell'imbiancare le pareti, nell'innalzare gli altari laterali e quello maggiore ed infine nel voltare la navata centrale. I Lateranensi vissero in questi locali fino al 1778 anno in cui il granduca Pietro Leopoldo decretò la soppressione del convento. Nel 1779 però l'abbazia venne richiesta allo stesso granduca dai monaci vallombrosiani della chiesa di San Michele in Forcole. Essi vi si trasferirono per rimanervi però solamente fino al 1810 quando furono soppressi in seguito alla dominazione napoleonica. Da allora la chiesa ricoprì solo la funzione di parrocchia come avviene oggi.
La chiesa sorge molto più in basso del livello pavimentale della piazza circostante. Essa venne edificata con l'impiego di conci di pietra squadrati e marmi bianchi e verdi tutti presenti nella facciata. Sul lato sinistro della chiesa sorge la torre campanaria che presenta una forma irregolare. La parte terminale di mattoni è stata costruita sui resti di una precedente torre di conci di pietra probabilmente distrutta o dai terremoti degli anni 1292 o 1298 o durante l'assedio dei fiorentini nel 1305.
L'interno della chiesa è a tre navate con copertura a volte a crociera nelle laterali e a capriate nella centrale. Quest'ultima fu riportata in luce nel 1864 quando si dovette procedere alla eliminazione della muratura che la copriva perchè pericolante. Le colonne che dividono le navate hanno capitelli romanici scolpiti con figure zoomorfe, antropomorfe e fitomorfe che risentono dell'influenza dell'arte pisana. Le forme romaniche che oggi vediamo essere proprie della chiesa si devono ad un complesso lavoro di restauro compiuto nel decennio 1951-1961, il quale ha permesso il recupero del pavimento di coccio pesto, la riapertura delle finestre romaniche, l'asportazione degli altari laterali e il recupero di parte degli affreschi tra cui quello del catino absidale. Allo stesso tempo è stato distrutto il coro e smontato il bell'altare barocco del 1669, ora sostituito da quello proveniente da San Pier Maggiore del 1278. Questa operazione fu compiuta per rendere visibile l'abside romanica a due ordini di tre monofore, la quale risulta essere una caratteristica delle chiese lucchesi e risponde all'esigenza di equilibrare le aperture della parte muraria con l'altezza dell'architettura.
La facciata è suddivisa in due parti. Nella parte inferiore sono addossate alla parete una serie di quattro colonne e due lesene angolari che fungono da sostegno a sei arcate cieche. Queste hanno gli archivolti decorati da una fascia di marmi bianchi e verdi che è isolata dall'estradosso da una cornice sporgente scolpita a foglie di acanto. La stessa decorazione è ripetuta anche sopra i tre portali d'ingresso. Quello principale si differenzia per avere un architrave lavorata a bassorilievo su cui sono appoggiati due leoni affrontati che trattengono tra le zampe un uomo e un uccello. Quest'ultimo motivo viene ripetuto anche sulle cantonate differenziandosi solo in un caso dall'animale atterrato. Le due arcate centrali hanno all'interno una losanga degradante con al centro un intarsio, mentre le altre presentano al posto di queste un occhio con cornice ad ovuli. La parte superiore della facciata è in mattoni. Il corpo centrale ha nel mezzo una finestra dal profilo irregolare murata, coronamento a timpano e due lesene angolari. Quest'ultime si raccordano alle pareti laterali attraverso due ali degradanti verso l'esterno sulla cui sommità sono poggiati due vasi in terracotta.
La facciata è stata eseguita in due fasi successive. La prima risale alla costruzione della chiesa e presenta influssi dell'arte romanica pisana come nell'impiego di rombi gradualmente decrescenti verso il centro e decorati nel mezzo da formelle intarsiate. Alla stessa origine sono da collegare: i capitelli delle due colonne centrali, che mostrano due aquile angolari al posto delle tipiche foglie di acanto e sono presenti nella stessa forma anche all'interno della chiesa, e l'impiego dell'architrave istoriata che non si trova in questo periodo in altre città se non a Pisa. La cromia di cui sono ricche gli esterni delle chiese pistoiesi è un caratteristica della città ed è anche un elemento di differenziazione tra le architetture religiose cittadine e quelle del suo territorio. La parte più alta della facciata, invece, è il completamento di quella romanica che venne innalzato nel Settecento. La facciata di San Bartolomeo richiama quella di Sant'Andrea dalla quale si differenzia per qualche particolare come i due occhi al posto di riquadri degradanti, l'arcata centrale del portone principale più alta rispetto alle altre e infine i due leoni angolari.
Chiesa di San Francesco
La costruzione della chiesa ebbe inizio nel 1289. Essa fu eretta nello stesso luogo su cui sorgeva Santa Maria Maddalena al Prato, che nel 1248 era stata ceduta ai frati francescani dai canonici della cattedrale. I lavori ebbero inizio dal lato ovest, procedettero verso il transetto, poi si spostarono all'abside, e per ultimo interessarono i lati est e nord. Il nuovo edificio fu terminato molti anni dopo, ma già dal 1348 esso poteva rispondere alle esigenze della comunità, tanto da permettere la distruzione della vecchia chiesa. Agli stessi anni risale la costruzione della sacrestia e del convento. La prima era già terminata nella muratura a partire dal 1348, mentre l'intonacatura non fu eseguita prima del 1386, e la decorazione pittorica, commissionata dalla famiglia Taviani, non è documentata. Il convento si estendeva lungo il lato ovest della chiesa dove era stato addossato il chiostro grande, sul quale si affacciavano la sala capitolare, un altro ambiente forse il refettorio e, al piano superiore, le celle dei frati. Solo il lato sud del chiostro conserva però caratteri trecenteschi, soprattutto nella facciata del capitolo, che fu cominciato nel 1343 e la cui decorazione pittorica venne disposta nel 1386 per volere testamentario di Lippa di Lapo Vergolesi, moglie di Giovanni de' Rossi - le armi sulla facciata del capitolo appartengono a queste due famiglie. Nel Quattrocento al convento vennero aggiunti altri ambienti: un chiostro di servizio, la camera del ministro e un nuovo refettorio. Nel Seicento il chiostro grande fu soggetto a lavori di ristrutturazione e in questa occasione furono affrescate le lunette con Storie di San Francesco e di Sant'Antonio da Padova, che già alla fine dell'Ottocento vertevano in condizioni precarie a causa delle infiltrazioni d'acqua ed oggi sono per la maggior parte distrutte.
La chiesa presenta esternamente una muratura non omogenea. Si possono infatti identificare tre diversi tipi di tessuto strutturale circoscritti a tre diverse zone: pietre di alberese per il fianco rivolto verso la città, per la facciata e per gli angoli del transetto; pietre di fiume disposte 'a filaretto' per i timpani a vela e il transetto; e infine una tecnica di muratura caotica per la parte absidale. La facciata fu completata solo fino all'altezza del portale e rivestita da travertino bianco e da verde di Prato che riproducono i colori caratteristici delle facciate delle chiese romaniche di Pistoia. Essa venne restaurata nel XVI secolo: a questo periodo potrebbe risalire un suo intero rimaneggiamento nel quale non fu risparmiato neppure il portale. La facciata fu ultimata solamente nel Settecento con l'affresco della lunetta raffigurante Madonna col Bambino e Santi dipinto nel 1717 da Giacomo Tais, oggi staccato.
L'interno della chiesa - ad un'unica navata con copertura a capriate - riflette l'influenza dell'architettura gotica cistercense anche se in forma notevolmente semplificata. Il transetto e le sue cappelle - quattro minori e una maggiore - hanno volte a crociera e costoloni diversamente evidenziati: nel primo da mattoni, nelle seconde da pitture murali. Le cappelle si aprono sul transetto attraverso alti archi ogivali che insistono su pilastri con capitelli decorati. Alle pareti della navata sono addossati altari in pietra eretti dalle famiglie nobili pistoiesi durante un arco di tempo di cento anni a cominciare dal 1581 (altare Arrighi). La decorazione ad affresco della chiesa, iniziata molto prima del completamento della costruzione - come dimostra il grande Crocifisso posto sulla testata del transetto destro e ritrovato sotto ad altri affreschi ora staccati - venne coperta dalle pale d'altare, imbiancata e distrutta durante questi lavori di ristrutturazione. A partire dalla fine dell'Ottocento essa è stata parzialmente recuperata.
Il convento venne abitato fino al 1808 dai francescani, che lo abbandonarono in seguito alle soppressioni del governo napoleonico. I frati tornarono ad abitarlo a partire dal 1819, ma nel 1866 furono nuovamente allontanati e gli edifici passarono al Comune. Dal 1926 Â stato restituito a una comunità di frati conventuali.
Basilica della Madonna dell'Umiltà
La basilica della Madonna dell'Umiltà fu fondata nel 1495 su progetto di Giuliano da Sangallo (Firenze 1445 ca. - ivi 1516), al quale era stato dato l'incarico di costruire un edificio più adatto all'immagine miracolosa della Madonna affrescata su una parete della vecchia chiesa di Santa Maria Forisportam. I lavori procedettero con una certa celerità sotto la direzione di Ventura Vitoni fino al 1513: a questa data la chiesa aveva già completati il vestibolo e l'ottagono fino al primo ordine delle cappelle. Da allora e fino alla morte del Vitoni, la costruzione dell'edificio mostra segni di stallo fermandosi al secondo ordine della tribuna. Solo a partire dal 1561 i lavori riprenderanno e saranno ultimati sotto la direzione dell'architetto granducale Giorgio Vasari (Arezzo 1511 - Firenze 1574) per diretto interessamento, anche economico, di Cosimo I, il quale dal 1567 dispone che l'Ospedale del Ceppo e la Sapienza di Pistoia si accollino gli oneri delle spese per portare a termine l'opera. Appena ultimata la lanterna, l'edificio comincia a presentare segni di cedimento strutturale, tanto che nel 1575, a un anno dalla morte del Vasari, Bartolomeo Ammannati (Settignano 1511 - Firenze 1592) deve intervenire per il consolidamento della cupola. Egli lavorerà anche al completamento interno della basilica, che nel 1576 si può dire quasi conclusa; nel 1579, sotto la sua direzione, sarà traslato l'affresco con la Madonna dell'Umiltà. A partire dagli anni ottanta del Cinquecento si dà inizio alla decorazione delle cappelle sotto il patronato delle maggiori famiglie pistoiesi, prima tra tutte quella Rospigliosi. Nel 1654-1655, Alfonso Parigi il Giovane (Firenze ? - ivi 1656) viene incaricato di eseguire il portale principale, che non sembra, apparentemente, incluso in un progetto di sistemazione dell'intera facciata. A partire dal 1723, voci allarmistiche sul possibile crollo della cupola del vestibolo determinano una serie di verifiche sulla staticità dell'architettura, che culmineranno in un intervento di consolidamento. Al termine dei lavori, si procede alla decorazione dei portali dello stesso vestibolo, affidandone l'esecuzione a Antonio Galli Bibiena (Parma 1700 - Mantova 1774); è, questo, l'ultimo intervento significativo nella costruzione della basilica. Intorno alla metà dell'Ottocento, problemi inerenti - ancora una volta - alla staticità dell'edificio determinano nuovi lavori di consolidamento. Inoltre il forte degrado in cui sono caduti gli apparati decorativi delle cappelle costringe a interventi di restauro, iniziati nel 1874 e terminati dopo due anni.
La facciata si presenta a filari irregolari di pietre con tetto a doppio spiovente. Essa è decorata solamente dal portale eseguito alla metà del Cinquecento dal Parigi, ed è caratterizzato da un forte aggetto della cornice che circonda l'ingresso e che fa apparire le due colonne corinzie, poste ai lati, parzialmente incassate. I due pilastri con nicchie, a fianco del portale, sono ciò che resta di un progetto seicentesco della facciata mai completamente realizzato e di cui non conosciamo l'autore. Sui due lati corti del vestibolo si aprono altri due portali. L'ottagono sormontato dalla cupola presenta un rivestimento a laterizi e costoloni in pietra. Al Vasari spettano alcune modifiche al progetto originario tra cui il rialzo del tamburo d'imposta e la trasformazione del profilo a sesto acuto della cupola in semicircolare. Il modello a cui si è ispirato l'architetto è manifestamente la cupola di Santa Maria del Fiore, ma nell'interpretazione che di essa aveva dato Michelangelo nella Basilica di San Pietro.
L'interno presenta un ampio vestibolo con cupola centrale e volta a botte le cui nervature si uniscono idealmente alle lesene delle pareti sottostanti. Tutta la copertura è rivestita di lacunari decorati da fiori, e negli spicchi della cupola sono collocate quattro valve di conchiglia. Marmo rosso di Musummano è stato impiegato per il fregio della trabeazione, i quattro spicchi della cupola e il dossale dei sedili che corrono lungo tutta la lunghezza del vestibolo. Su questo si affacciano tre portali disegnati dal Bibiena, i quali si presentano quasi punto di equilibrio, direi di compostezza, tra influenze cinquecentesche e barocche.
L'ottagono ha la parte bassa delle pareti traforata da sei cappelle radiali, mentre sul lato opposto all'ingresso si trova la scarsella, da cui si accede alla sacrestia. Gli archi d'ingresso alle cappelle sono fiancheggiati da due lesene che sorreggono una trabeazione, al di sopra della quale si trova riprodotto su due piani lo stesso motivo della coppia di lesene, qui inframmezzate da una bifora. Nella progettazione della tribuna il Sangallo ha guardato al Battistero fiorentino del quale riproduce, oltre alla forma ottagonale, la scarsella e il matroneo che corre dietro le bifore. L'attico del Vasari mostra invece una chiara derivazione michelangiolesca, per il carattere anti-normativo della sua architettura.

L'edificio, che presenta evidenti segni di interventi cinquecenteschi, sorge sull'area della prima cinta di mura urbane ed è costituito dall'aggregazione di vari fabbricati, il più antico dei quali. confinante con la Cattedrale, è ancora ben visibile. L'elemento architettonico più significativo, perfettamente in linea con i modelli del tardo manierismo fiorentino, è costituito dal portale di ingresso, sormontato dallo stemma dei Rospigliosi, che si apre sulla Ripa del Sale con un'elegante scala a doppia rampa. Il palazzo fu acquistato dal capitano Giovan Battista Rospigliosi (1511-1566), detto Bati, alla metà del XVI secolo. La famiglia di Bati Rospigliosi, confluita poi nei Sozzifanti, che dal 1831 ne acquistarono il cognome e l'eredità, conservò sempre la residenza in questo palazzo, che l'ultimo discendente, Clemente, morto nel 1981, lasciò alla Cattedrale di Pistoia, con l'onere di destinare perpetuamente a Museo l'appartamento situato al primo piano e denominato "di papa Clemente IX".
Secondo una tradizione locale, tuttavia non confermata da alcun documento storico, il papa pistoiese, al secolo Giulio Rospigliosi, avrebbe soggiornato almeno una volta in quelle stanze, dormendo nel grande letto a baldacchino che ancora si conserva tra le pareti tappezzate di damasco, i soffitti a cassettoni, gli affreschi del Sei e Settecento che decorano in alto alcune pareti e la volta dello stanzino attiguo alla camera. I proprietari del palazzo della Ripa del Sale vissero sempre a Pistoia, mentre un altro ramo della famiglia, che aveva la sua residenza nel palazzo di via del Duca, si trasferì a Roma in occasione del pontificato di Clemente IX ( 1667-1669) e qui prese dimora, imparentandosi con i Pallavicini di Genova.
Palazzo Rospigliosi
Via Ripa del Sale, 3 - 51100 - PISTOIA
Tel. 057328740
Visite guidate a cura della Sezione Didattica del Museo Civico
Orario:
Feriale 10 - 13 e 15 - 18.
Lunedì e festivi chiuso. Aperto la 2^ Domenica del mese
10 - 13 e 15 - 18

E ancora calici; ostensori e turiboli dei secoli XVII e XVIII completano il panorama, fino a comprendere alcuni pezzi significativi di gusto neoclassico. Sono esposti inoltre dipinti su tavola del XIV al XVI secolo, fra cui una Madonna in trono del Trecento, da Santa Maria a Faltognano a due notevoli Sacre Conversazioni di Bernardino del Signoraccio, da Porciano e da San Felice, e sculture, come la Vergine orante, in terracotta dipinta, opera affine allo stile di Matteo Civitali, databile intorno al 1460 - 70.
L'esposizione comprende anche esemplari di tessuti e parati sacri, in particolare due Pianete, con decorazioni "bizarre", dell'inizio del XVIII secolo, provenienti da San Donato a Momigno.
Palazzo Rospigliosi
Via Ripa del Sale, 3 - 51100 - PISTOIA
Tel. 057328740
Visite guidate a cura della Sezione Didattica del Museo Civico
Orario:
Da martedì a sabato 10/13; martedì, giovedì,venerdì16/19. Chiuso lunedì
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